mercoledì 15 agosto 2012

Segale cornuta - Ergotismo

Segale Cornuta
Ergot
Claviceps purpurea

15 agosto 1951, Francia del sud-est, paesino di Pont saint Esprit, ondata di allucinazioni collettive. Cinque persone morte, decine finite in manicomio con la camicia di forza, centinaia colti da delirio e disturbi mentali. Alcuni si dimenavano nel letto d'ospedale gridando che fiori rossi stavano sbocciando sui loro corpi, un altro che sentiva la sua pancia mangiata dai serpenti tentò di affogarsi, un altro saltò dal terzo piano credendosi un aeroplano. I quotidiani dell'epoca attribuirono l'episodio al consumo di pane confezionato con farine contaminate da una muffa, ergot in francese, claviceps purpurea nel linguaggio scientifico, che cresce talvolta sulle spighe della segale, sotto forma di un cornetto viola (come si vede in figura), da cui il nome di segale cornuta.
L'intossicazione venne definita " l'affaire du pain maudit de Pont Saint Esprit".
L'ergot contiene varie sostanze fra cui l'acido lisergico, componente dell'LSD.
L'affaire, dapprima archiviato, venne risolto, pare, a distanza di anni da un reporter investigativo americano, secondo il quale sarebbe stata la Cia, assieme all'esercito americano, a contaminare con LSD il pane del villaggio, come esperimento in vista di un progetto per il controllo della mente, iniziato durante la guerra di Corea.
L'intossicazione da segale cornuta  è conosciuta anche col nome di " fuoco di Sant' Antonio", poichè gli abitanti del Nord Europa, abituali consumatori di pan di segale (poichè la segale cresce meglio del frumento nei climi freddi del nord), e quindi maggiormente colpiti da essa, scendevano in pellegrinaggio a San Antonio da Padova, onde intercedere la guarigione.
Man mano che scendevano di latitudine,  nell'alimentazione, sostituivano il pan di segale col pane di frumento ed i sintomi dell'ergotismo, "miracolosamente" sparivano.
Naturalmente la guarigione veniva attribuita all'intervento di San Antonio, da cui l'espressione sopraccitata.
Forse per questo nelle comunità rurali del tempo frequenti erano le "visioni" di piccoli abitatori del bosco: folletti, sbilfs, guriuts, aganes ed immagini sacre.

martedì 10 luglio 2012

Urtica dioica

Urtica dioica
Vurtie, Gurtie



Pianta comune in tutta la penisola, conosciuta anche perchè pizzica, pur non essendo velenosa. E' ricca di proprietà curative, benefiche e stuzzicante per il palato.
Dal punto di vista botanico appartiene alle erbacee perenni; i fusti eretti a sezione quadrata nascono da un rizoma sotterraneo; foglie ovate, opposte e dal margine seghettato.
Sia il fusto che le foglie posseggono peli, contenenti sostanze urticanti come l'acido formico.
I fiori sono piccoli, raccolti in racemi, posti all'ascella delle foglie superiori.
Il nome dioica ( 2 case) si deve al fatto che i fusti portano o solo fiori maschili o solo fiori femminili.
Il frutto è un achenio, contenente un solo seme.
Pianta rustica, praticamente ubiquitaria, cresce fino ai 2000 m di quota.
Qualora venga raccolta per scopi alimentari, dovete evitare le zone vicino a strade o centri abitati ed anche vicino ai coltivi dove siano usati antiparassitari ed anticrittogamici.
Naturalmente abbiate cura di dotarvi di guanti onde evitare spiacevoli "punture".
Si usa sia per scopi erboristici che alimentari.
In erboristeria:
Si raccolgono fusti e foglie, da primavera a fine estate, e si fanno essicare in luogo ombroso ed aerato.
L'infuso di ortica ha azione antiinfiammatoria, diuretica, astringente, emostatica, depurativa.
Viene usata anche per preparare shampoo antiforfora, unguenti per la pelle e pomate lenitive.
Dall'ortica si ricava anche molta clorofilla, usata come colorante naturale per liquori e medicinali.
Dalle fibre dei fusti si ricava un tessuto molto resistente, simile alla canapa.
Facendo macerare in acqua fusti e foglie per una giornata, si ottiene un potente prodotto contro gli afidi (pidocchi) delle rose.
In cucina:
Una volta bollita, l'ortica perde le sue proprietà urticanti, rendendo possibile ogni suo uso alimentare: zuppa di ortica, frittata alle ortiche, ravioli alle ortiche, riso alle ortiche, sbollentate e condite con olio e limone.
L'acqua di cottura può venire usata come tisana depurativa, da bere una volta al giorno a digiuno.
L'ortica contiene sali minerali, vitamina K, A, B2 ed acido folico, fondamentale per le donne in gravidanza e durante l'allattamento.
E' preferibile non raccogliere le ortiche in fioritura, poichè possono causare disturbi intestinali.
Parenti strette dell'ortica dioica sono l' Urtica urens od ortica maggiore, molto più irritante al tatto e monoica (1 sola casa), cioè porta sia fiori maschili che femminili; il Lamium album od ortica bianca
ed il Lamium purpureum a fiori purpurei, entrambe non urticanti.
Poichè i tessuti dell'ortica bianca contengono ammine, se ne sconsiglia il consumo, potendosi rivelarsi tossica.
Da bambini, nelle nostre peregrinazioni nei prati, succhiavamo i fiori dei due lamium, traendone un dolce e gradevole nettare.

Lamium album

Lamium purpureum
















Curiosità:
In campagna si mescola l'ortica tritata al mangime per le galline per migliorare la produzione di uova.
Per lenire il bruciore delle " punture" di ortica si utilizza il succo di acetosa.

L'orologio di flora.

A partire dal 1745 il grande Linneo, il principe dei botanici, si dedicò a riportare a nuova vita l'orto botanico di Uppsala (Svezia), il Linnétradgarden ed ivi creò un' aiuola speciale, una sorta di orologio fatto da 24 specie di piante, che aprivano le corolle nelle diverse ore del giorno e della notte, chiamato Orologio di Flora e tutt'oggi visitabile.
Per mia conoscenza un tale orologio lo troviamo presso un agriturismo a Bacoli, alla periferia di Napoli, meta  di visite da parte di studiosi ed anche semplici curiosi.
Penso che con una spesa non esagerata se ne potrebbero realizzare nelle rotonde dei nostri paesi in luogo di quelli meccanici. Lo spazio minimo necessario si aggira intorno ai 25mq.
Guardate se non è meraviglioso!





venerdì 30 marzo 2012

Tarassaco.

Taraxacum officinale, Leontodon Taraxacum L.
Dente di Leone, Soffione, Piscialetto, Cicoria selvaggia
Tale, Radic di pràt


Pianta perenne con radice fittonosa,lunga e carnosa.
Antesi da febbraio ad ottobre. Fiore apicale giallo, che poi si trasforma in un bianco globo di acheni (frutti), da cui il nome di soffione, per la disseminazione della pianta.
Le foglie sono disposte a rosetta basale, oblunghe ed ovate.
I fusti sono lunghi e vuoti e contengono un lattice bianco, che alle volte in bambini che lo avevano ingerito ha provocato intossicazione. Si trova in tutti i prati, incolti e non, fra le vigne, lungo i sentieri, dalla pianura alla montagna.
Si raccoglie la pianta intera, sia prima che dopo la fioritura.
La raccolta è semplice e può essere fatta indiscriminatamente senza compromettere la specie.
E' il simbolo delle piante selvatiche commestibili e sicuramente la più conosciuta e consumata.
Ha proprietà depurative, lassative e diuretiche, toniche, antiscorbuto.
Le foglie hanno un alto contenuto di vitamine A,B e C.
I fiori sono chiusi di notte, ma si aprono subito al sorgere del sole; le api bottinano il suo nettare; i  bambini si divertono a soffiare gli acheni, favorendo la disseminazione della pianta.
Le foglie ci forniscono un ottimo alimento.
In natura esistono diversi tipi di tarassaco, alte e nane,  foglie ovali, strette o flosce, frutti bianchi, rossi o grigi.
La pianta resta del tutto inconfondibile dalle altre.
Le foglie possono essere usate crude in insalata, da sole o con altre; cotte conservate in congelatore per altra stagione o mangiate condite con olio e aglio o stufate in padella.
I boccioli dei fiori non dischiusi ed i bottoni che portano i pappi possono essere conservati in salamoia o sott'aceto per usarli a mò di capperi.
La radice, lessata e condita con olio extra-vergine di oliva, è un piatto, se pur amarognolo, gradito e nutriente.

In cucina:

Fettine stuzzicanti al tarassaco: Su delle fettine di pane tostato disporre una rondella di uovo sodo, un'acciuga, vari boccioli di tarassaco sott'aceto, olio extra di oliva.

Riso al tarassaco: Lessare in acqua salata il tarassaco. Scolare, tritare e saltare in tegame con olio e aglio.
A parte tritare la cipolla, rosolandola col burro, aggiungere il riso ed il brodo. Una volto cotto mescolare al riso la verdura, quindi mantecare con ricotta affumicata grattuggiata.

Salsa di fiori di tarassaco: Tritare finemente i fiori di tarassaco ( conservati sott'aceto ), le olive e le acciughe. Aggiungere alla salsa di pomodoro, preparata a parte secondo le proprie abitudini.
Si serve su pasta bianca.

Boccioli di tarassaco sott'aceto: Bollire i boccioli per 5 min.in acqua acidulata con succo di limone, scolare  e lasciar asciugare. Versare in un recipiente ricoprendo con ottimo aceto. Aggiungere uno spicchio d'aglio, due foglie di alloro e semi di finocchio.

Bottoni di tarassaco sott'aceto: I bottoni si raccolgono dopo che la piantina ha sparso i suoi semi piumati. Rimane l'involucro carnoso che li portava innestati. Si sbollentano in acqua salata, insaporita con qualche foglia di menta. Si colano e si lasciano asciugare per varie ore. Si procede all'invaso assieme ad aceto in cui è stato bollito qualche spicchio d'aglio. Nel vaso si può aggiungere erba cipollina e qualche foglia di menta.

Radici di tarassaco al naturale: Far bollire le radici in acqua salata fino a renderle tenere; riporle in vaso di vetro ricoprendo di acqua salata e poco zucchero. Sterilizzare. Possono essere mangiate sole o con altri ortaggi.

Infuso: Mettere alcune foglie in acqua bollente per alcuni minuti; berne una tazzina a digiuno, ogni giorno, per 10-15 giorni, come cura disintossicante.

Miele di tarassaco: Raccogliere un Kg di fiori di tarassaco e metterli a bagno in un litro di acqua con un limone tagliato a fette. Far bollire per 5 min., spegnere. mescolare e lasciar riposare tutta la notte. Passare tutto al setaccio, spremendo il più possibile i fiori. Al liquido così ottenuto aggiungere un chilo di zucchero: cuocere senza coperchio fino a raggiungere la densità desiderata.
Ottimo su pane, col formaggio, nei dolci, sciolto nel latte.

Tarassaco con pancetta o lardo (frices): In una pentola rosolare la pancetta (lardo) tagliata a pezzettini con poco olio. Mettere il tarassaco, ben pulito e lavato, in una terrina. Quando la pancetta è rosolata, aggiungere un pò di aceto, quindi versare il tutto sopra le foglie aggiungendo del sale. Consumare caldo.

Zuppa di tarassaco e uova: Dopo aver ben pulito e lavato il tarassaco, lessarlo per mezz'ora in un litro e mezzo di acqua salata. Nel frattempo abbrustolire nel forno delle fette di pane. Trascorso il tempo previsto, rompere 1 uovo in ogni piatto, sbatterlo bene, appoggiarci sopra una fetta di pane abbrustolito, condire con 1 cucchiaio di olio e versare la minestra.

La radici seccate, tostate e macinate, un tempo venivano usate come succedaneo (sostitutivo) del caffè.

A breve qualche altro consiglio culinario.

Silene dioica.

Silene dioica
Gittaione rosso
Vorele di ieùr


Il nome silene deriva da Sileno, maestro di Bacco, gran bevitore dal ventre gonfio come il calice della pianta, che risulta perenne, alta fino a 80 cm., uniformemente pelosa.
La forma delle foglie, sessili (senza peduncolo) e pelose, ovali  ed allungate ( lanceolate ) è simile alle orecchie delle lepri, da cui il nome.
L'antesi (fioritura) avviene da aprile a novembre.
I fiori sono dioici, o maschili con stami, o femminili con pistilli, dotati di cinque petali di un color rosa intenso, i sepali uniti in un calice rigonfio, bruno, peloso e vischioso.
Cresce al limitare dei boschi, nei prati concimati; ama ambienti umidi e la troviamo da 400 a 2300 m. di quota.
Non ha uso terapeutico, ma solo culinario. Vengono utilizzate le foglie, cucinate allo stesso modo della vulgaris, con una resa migliore, date le maggiori dimensioni.
Un utilizzo particolare lo si ha nella preparazione di un ripieno per ravioli, assieme a ricotta affumicata.
Simile è la Silene Alba, dai fiori color bianco, con la quale è interfeconda, generando fiori rosa.

Silene vulgaris

Silene vulgaris o inflata
Sclopìt o sclopét, Pistum (Ragogna)
Silene


Erba perenne con fusto eretto o leggermente piegato verso il basso, ramificato, alto fino a 50-60 cm.
Foglie lanceolate od ovali, quasi prive di picciolo, verdi cinerine, opposte.
I fiori sono apicali, bianchi con calice molto largo.
Il frutto è una cassula ovoide.
Piantina molto frequente in prati grassi e pascoli di montagna ed anche incolti.
Fiorisce da aprile a tutta l'estate a quote crescenti col progredire della stagione.
Non trova uso terapeutico, ma diffuso uso edule. Si consumano le cimette fresche e le foglie dal tipico gusto di pisello fresco. La raccolta non rovina la piantina che rigermoglia con facilità ed in continuazione. L'importante è non estirpare: ricordandosi il luogo di raccolta si può avere quindi sempre a disposizione verdura fresca.
Il nome è onomatopeico, poichè il fiore emette un caratteristico schioppettio se viene schiacciato, ed è un classico divertimento per i bambini.
La piantina entra a far parte delle gustose minestre primaverili, vera leccornia anche per i palati più esigenti.
Può essere mangiata anche cruda, sola o in insalate miste, cotta nei risotti negli gnocchi, nei sughi, in torte e strudel salati. Le cimette sono il massimo bollite e condite con olio e limone.
La loro dolcezza si abbina egregiamente coi funghi primaverili, tipo prugnoli, coprini, finferli, tutto a crudo.
Cotte invece si abbinano coi marzuoli, spugnole e primi boleti estivi con l'aggiunta, a piacere, di formaggio di malga.
Consigli culinari:
Frite: cotta con altre erbe spontanee e condita con olio e limone.
Frittata di silene: Lessare le fogli e le cime e unirle con uovo sbattuto, quindi cuocere in olio bollente.
Risotto: Rosolare in padella della cipolla, finemente tritata, in olio di oliva extravergine; aggiungere la silene e soffriggere per una decina di minuti, facendo attenzione che non " attacchi". Unire il riso, facendo amalgamare il tutto con l'aggiunta, se necessario, di un pò di brodo.
A cottura ultimata, per chi lo desidera, aggiungere una noce di burro e del formaggio del tipo preferito.
Mantecare e dopo alcuni minuti servire.

Curiosità: I calabroni hanno imparato a forare la base del fiore per suggerne il nettare.

La foto è stata scattata oggi 30 marzo 2012 lungo la vecchia strada asfaltata che porta a Paularo.
Giove pluvio ancora dorme; speriamo si risvegli al più presto, poichè dal punto di vista micologico nulla si muove.

sabato 18 febbraio 2012

Marzuolo.

Hygrophorus Marzuolus
Marzuolo, Dormiente

Vi illustro oggi quello che per me è il miglior fungo dal punto di vista alimentare, vuoi per le sue proprietà organolettiche vuoi per la precoce stagione di crescita. Le foto si riferiscono allo scorso anno, come testimoniato dalla data sul (fatto) quotidiano, in attesa di pubblicare quelle dell'anno in corso, non appena il prelibato miceto farà la sua comparsa ( penso, se Dio pluvio sarà favorevole, fra una ventina di giorni).
La nostra Carnia è prodiga di tutte le varietà di miceti e fra questi non poteva mancare il marzuolo. Ve lo descrivo. Come dice il nome la stagione di crescita è il mese di marzo, ma quando il tempo è favorevole compare anche a fine febbraio, quindi quando ancora la neve non è del tutto scomparsa.
L'habitat richiede terreno siliceo, sotto conifere (abete, pino, larice...), quercia, castagno sotto le foglie morte.
Raro, ma abbondante nei luoghi di crescita (posso testimoniarlo per esperienza personale). Cresce semi-ipogeo; aiuta l'individuazione la presenza di pezzi di fungo, quasi bianchi, rosicchiati dagli animali selvatici che ne sono ghiotti. Se il fungo è stato morso da un capriolo le briciole si troveranno vicino al fungo, se invece è stato oggetto dell'attenzione di uno scoiattolo, quello spaventato forse anche da noi, può averli trasportati anche lontano.Fungo a lamelle; l'aspetto è simile ad una russula o colombina. Il colore del cappello varia dal bianco al grigio argenteo. Le lamelle fitte, ventricose, decorrenti, bianche, poi grigiastre. E' difficile confondersi con altre specie, data la precocità della crescita; in questo periodo ci si può imbattere solo nella mortale Amanita verna (primaverile), fungo tutto bianco, dotato di anello e volva al piede.
Il "nostro" si nasconde molto bene e forse per questo per tanto tempo non è stato oggetto di raccolta. Gli animali del bosco, cibandosene, ne favoriscono la riproduzione, poichè il passaggio attraverso il loro tubo digerente, intacca la robusta parete delle spore. Quando ne individuate uno guardatevi attentamente intorno poichè non nasce mai solo e muovetevi con cautela in modo da non danneggiare il micelio dei giovani primordi, che sicuramente gli nascono intorno. Cerchiamolo laddove la neve si è appena sciolta o comunque dove si è accumulata umidità e cominciando dalle giornate in cui la temperatura notturna non scende più oltre due o tre gradi sottozero.
In cucina è adatto ad ogni preparazione, escluso da crudo e secco. Ecco alcuni consigli:
Ricordatevi che la prima pulizia dei funghi va fatta nel bosco, eliminando col coltellino il terriccio dal gambo e dal cappello; a casa passate sotto acqua corrente, ponendolo poi ad asciugare in uno scolapasta. Eccolo pronto per ogni preparazione.
Sott'olio: Tagliate a pezzi grossi il fungo e fate bollire per 10-15 min. in tre quarti di acqua ed un quarto di aceto di vino bianco con abbondante sale. Scolate e mettete ad asciugare su un canovaccio, finchè non saranno asciutti. Invasare, avendo cura prima di riempire per un quarto il vaso con olio extravergine di oliva e rimboccando via, via. I funghi devono essere interamente immersi nell'olio. Conservare i vasi al buio.
Crostata: Trifolare i marzuoli in un tegame con olio, una noce di burro, sale, cipolla affettata e aglio schiacciato.Una volta evaporata l'acqua di cottura, aggiungere vino bianco, lasciamo evaporare e quindi aggiungere un pò di brodo vegetale.Facciamo addensare ed aggiungiamo il prezzemolo tritato.Stendiamo con un matterello la pasta frolla fatta in casa, ed adagiamola su una tortiera imburrata, lasciando sporgere un 6/7 cm.Sulla pasta stendiamo un leggero strato di besciamella e quindi i funghi trifolati e poi un altro strato di besciamella con qualche fiocco di burro. Rivoltiamo sui funghi la pasta eccedente il bordo della tortiera e decoriamo con striscie di pasta. Inforniamo a 160-180 °C finchè la pasta sarà dorata. Togliere e una volta tiepido, buon appetito.
Marzuoli, panna e rosmarino: Far appassire dello scalogno in una padella con burro, aggiungere un misto di erbe aromatiche a piacere con panna e brodo (io preferisco vegetale, ma nulla vieta di usare quello animale). Mettere in un tegame con burro i marzuoli, interi se piccoli, tagliati per lungo se più grossi. Salare, pepare ed aromatizzare con rosmarino ed aglio. Evaporata tutta l'acqua di vegetazione, uniamo la panna fino a far addensare il tutto. Servire su un letto di radicchio rosso. La panna può essere sostituita anche da formaggi tipo robiola, stracchino ed altri.
Frico di patate con marzuoli.
Nelle ricette non specifico le quantità di ingredienti, in quanto ognuno si regolerà in base al numero dei suoi commensali.

lunedì 13 febbraio 2012

Equiseto.

Equisetum arvensis L.
Coda cavallina
Code muscine
Viene considerato una specie di fossile vivente, date le sue antiche origini ed è pressochè cosmopolita.
Per la sua crescita  richiede umidità, terreno siliceo o calcareo con pH vicino alla neutralità.
Appartiene alle crittogame (piante senza fiori nè semi) vascolari (dotata di vasi conduttori interni).
La riproduzione avviene per spore contenute alla base di piccoli scudi presenti in una spiga terminale.
Le spore sono dotate di un movimento a molla, che si innesca col calore.
Nella stessa pianta sono presenti due fusti diversi: uno rossastro o grigio/giallastro e corto (vedi foto), fertile e senza clorofilla, non ramificato, compare in primavera e porta le spore. L'altro verde, scanalato, più alto e ramificato, diviso in molteplici segmenti da nodi, che si ripetono con una certa regolarità. Sterile, è la sola parte della pianta con proprietà medicinali. Compare solo dopo che i fusti fertili hanno concluso il loro ciclo riproduttivo ed è dotato di clorofilla, data l'esiguità della superficie fogliare.
Durante il periodo invernale il fusto aereo scompare completamente e ricompare solo in primavera.
Anticamente il fusto sterile veniva utilizzato per il suo alto contenuto in silice e quindi per il suo potere abrasivo per la pulizia delle bottiglie di vetro.
Essicato e polverizzato, ha proprietà antiemmoragiche, cicatrizzanti, diuretiche, antireumatiche.
Associato all'ortica viene altresì utilizzato per preparati contro la caduta dei capelli.
La polvere per rinforzare le unghie e lenire il mal di denti; il decotto favorisce lo sviluppo deu globuli rossi, per conbattere i calcoli renali; il succo per curare piaghe e ferite. Raro l'utilizzo in cucina e soprattutto in quella orientale: i fusti fertili, in questo caso, dopo essere stati privati della spiga terminale e delle guaine nodali, vengono lasciati a bagno in acqua e limone, quindi cotti e consumati come gli asparagi, pur avendo sapore decisamente diverso.

venerdì 10 febbraio 2012

Buon Enrico.

Buon Enrico, Farinello
Chenopodium bonus enricus
Pel di musç, pissjavon
Il nome Buon Enrico pare sia stato attribuito da Linneo in onore di Enrico IV di Navarra, protettore dei botanici e chiamato, appunto, dai francesi Le bon Enry. Il termine chenopodium deriva invece dal greco chen= oca e podion= piede per la forma delle foglie.
Pianta perenne, facilmente riconoscibile perchè la pagina inferiore delle foglie, al tatto, lascia sulle dita come una polvere di gesso. Presenta inoltre infiorescenze a spiga di colore rossiccio e fiori ermafroditi (sia maschio che femmina:stami e pistilli).
Cresce in prossimità dei casolari e delle malghe di montagna fino ai 2100 m., in terreni incolti concimati.
Può essere coltivato ed è conosciuto come spinacio di montagna e come orapo nell'appennino centrale.
In cucina si usa come sostituto dello spinacio, di cui presenta un sapore più " selvatico" ed è ricco di ferro, sali e vitamine. Combatte l'anemia, è un buon ricostituente, lassativo e depurativo ed emolliente.
Per il suo alto contenuto in acido ossalico è sconsigliato ai gottosi, alle persone sofferenti di reni, artrite e reumatismi. Come uso esterno, si applicano le foglie sugli ascessi, per favorirne la maturazione.
Per uso alimentare si utilizzano i germogli ed anche le infiorescenze immature come verdura cotta o soffritta in padella o come componente della "frite".
Gli è simile il Chenopodium album, con foglie di colore più chiaro e con le stesse proprietà.
E ora alcuni consigli di natura culinaria.
Gnocchi: Sbollentare il buon enrico in acqua salata, scolare. Frullare assieme a uova, farina, ricotta, noce moscata, sale. Preparare gli gnocchi e cuocerli in acqua bollente. Sciogliere del burro, assieme a qualche foglia di salvia, e versare sugli gnocchi ancora caldo, con una spruzzatina finale di formaggio stagionato.
Un mio amico ci aggiunge pure del brodo di pesce.
Mescedot: Sbollentare il buon enrico in acqua salata, scolare, tenendo da parte un pò di acqua di cottura. Aggiungere pane raffermo e lavorare il tutto finchè non si ottiene un impasto omogeneo. In padella rosolare l'aglio e quindi soffriggere pancetta o speck con, se gradito, peperoncino e sale. Unire all'impasto, facendo incorporare il tutto e servire caldo.

sabato 4 febbraio 2012

Luppolo

"Una birra forte,
un tabacco profumato e una donna,
questo è piacere" (Goethe)

Prima di tutto, scusate il ritardo, ma " tempus fugit"...Scherzo! Ho avuto altro da fare. Aspettando la primavera voglio illustrare uno dei primi prodotti primaverili di uso comune in cucina.
Humulus lupulus
Luppolo
Urtiçon a Cjabie
Bruscandolo in veneto
Pianta rampicante, molto comune lungo le rive dei torrenti, in luoghi incolti, tra rovine di luoghi abbandonati. Cresce strisciante (da cui il nome humulus=humus, terra) se non trova un tutore su cui arrampicarsi.
Conosciuto fin dall'antichità (epoca egizia e romana) sia per uso alimentare che officinale.
Come si vede dalla foto presenta foglie palmate, ruvide, fusto pure ruvido che si diparte da rizomi orizzontali, infiorescenze maschili raccolte a pannocchia di 5/10 cm di colore verde giallognolo ed infiorescenze femminili a forma di cono di 4/5 cm di colore verde. La pianta è quindi dioica( 2 case, maschile e femminile).
Fioritura estiva ed anemofila. I fiori femminili essicati vengono usati nella preparazione della birra e le conferiscono quel caratteristico sapore amarognolo.( La scoperta risale al XIII sec. edè attribuita al birraiolo belga Gambrinus). I fiori femminili essicati e ridotti in polvere hanno proprietà sedative e sonnifere. Pare che dormire su un guanciale imbottito di coni di luppolo concili il sonno. Infatti i lavoratori nelle fabbriche di birra, dopo un certo periodo di tempo dovevano interrompere il lavoro pena cadere addormentati.
In cucina si usano i giovani germogli apicali, della lunghezza di 20/30 cm., raccolti a partire dal mese di marzo a  seconda del luogo di raccolta ( prima in pianura e via, via ad altitudini più elevate), dimostrandosi un valido surrogato dell'asparago.
Se non si esagera, nonostante le continue cimature, il luppolo continua a vegetare.
Il luppolo si attacca a qualsiasi tutore e quindi anche su nocciolo, salice, pioppo, olmo, sambuco, cioè su specie vegetali che risultano simbionti con molti funghi primaverili quali spugnole, verpe, piopparelli, di cui avremo modo di parlare.
La nostra uscita quindi può essere premiata anche dalla raccolta di questi gustosi miceti.
Per chiudere, qualche consiglio di natura culinaria:
Insalata di germogli di luppolo
- 800 gr di cime di luppolo
- mezzo limone
- olio extravergine di oliva
- sale e pepe
Gettare in una pentola con acqua abbondantemente salata i germogli. Lasciare scottare per alcuni minuti. Scolare, far raffreddare e servire con una spruzzata di succo di limone, olio extravergine, sale e pepe.
Utilizzabile anche come contorno.
Frittata con germogli di luppolo
- 200 gr di cime di luppolo
- 7/8 uova
- 50 gr di burro
- 30 gr di olio extravergine di oliva
- 2 cucchiai di grana padano o di parmigiano o stagionato grattugiato
- sale e pepe
Tagliare a pezzetti i germogli e soffriggerli in una padella con burro ed olio. Appassiti i germogli, versateli in una terrina assieme alle uova precedentemente sbattute insieme a sale e pepe. Lasciate che la frittata si rapprenda; dopo 5 minuti, voltate la frittata e rosolatela dall'altro lato.
Servire ben calde e ..buon appetito!
Infuso di luppolo ( da una ricetta di Prato Carnico, Jerbas di çianal, I.C. Comeglians)
30 gr di semi per litro di acqua bollente per circa 10 minuti. Una tazza prima dei pasti per i bambini gracili.
1 gr. in 100 ml di acqua per conciliare il sonno.
Per finire ricordatevi che la pianta appartiene alla famiglia delle Cannabinacee, quindi occhio...
A presto.



mercoledì 18 gennaio 2012

Orecchio di Giuda.

Orecchio di Giuda.
Auricularia auricula-judae
Questo simpatico fungo dall'aspetto gelatinoso dal colore vinato, violaceo, cresce sui ceppi di platano nel parco di fronte casa mia, a cominciare dalla primavera alla caduta delle prime piogge.
Da adulto diventa coriaceo e duro.
Gli orientali lo consumano da giovane crudo in insalata e lo considerano una leccornia, attribuendogli anche delle proprietà medicinali come antiemorroidale.
Da noi occidentali non è invece gradito per la sua consistenza gelatinosa.
Consumi prolungati causano una sindrome detta di Szechwan, descritta per la prima volta nel 1980 da un ematologo del Minnesota, caratterizzata da emorragie e porpore emorragiche.
La sindrome prende il nome da una regione della Cina dove il fungo viene coltivato e consumato.
Il decorso dell'intossicazione è generalmente benigno, anche se viene aggravato dall'associazione con farmaci antiaggreganti piastrinici ( aspirina, zenzero..) o consumo di quantità eccessive.
Il fungo è saprofita.

mercoledì 11 gennaio 2012

Memento.

" Io non avrò mai per male che voi mi palesiate i miei errori."
Galileo Galilei

Intossicazione da botulino.

Durante le feste natalizie ho letto questo articolo su un quotidiano: " Pensionato di 60 anni ricoverato in Ospedale per aver mangiato funghi porcini sott'olio regalatigli da un amico. La persona al momento del ricovero presentava dilatazione delle pupille, sdoppiamento della vista, difficoltà di movimento, mancata coordinazione della faringe e paralisi dal capo al torace." Cos'era successo? Tra i funghi porcini si nascondevano le pericolose tossine di un batterio ( il Clostridium botulinum) che vive in condizioni di anaerobiosi ( in mancanza di ossigeno) e bassa acidità ( ph superiore a 4.6, valore che scongiura qualsiasi possibilità di crescita del batterio). La tossina è uno dei più potenti veleni conosciuti: bastano 75 nanogrammi di tossina pura per uccidere un essere umano e 450 grammi per far scomparire ogni essere umano dalla faccia della terra.
Il nome botulino deriva dal latino " botulus (salsiccia) " poichè il primo caso di intossicazione documentato è dovuto al consumo di salsiccie in Germania nel 1820.
La tossina viene distrutta dal calore ( 80 °C per 15 minuti), mentre le spore resistono fino a 120 °C.
I primi sintomi insorgono dopo 18-48 ore dall'ingestione e consistono in nausea, vomito, diarrea, disturbi della vista, difficoltà di deglutizione, secchezza delle fauci, difficoltà di parola e di deambulazione.
Esiste un siero antibotulinico, ma deve essere somministrato il prima possibile, pena la morte nel 70% dei casi.
E' meglio quindi non consumare conserve casalinghe che all'apertura emanano gas, presentano cattivo odore, hanno tappo bombato verso l'alto. Ricordatevi che il botulino non sempre causa cattivi odori.
Oltre al botulismo alimentare esistono altre due forme: quello infantile, che colpisce i bambini al di sotto del'anno di età, generalmente per il consumo di miele; e quello da lesione, dovuto all'infezione di ferite da parte del batterio.

martedì 3 gennaio 2012

La borragine.

Borrago officinalis L.
Ecco una piantina che cresce da 0 a 1000 m. s.l.m., praticamente ubiquitaria, cresce ai margini dei campi, negli incolti, ai piedi dei vecchi muri e sulle macerie, a basse quote comincia a fiorire già da gennaio fino ad autunno inoltrato. Tutta la pianta appare ricoperta di una fitta peluria, facilmente riconoscibile per i tipici fiori a stella con cinque petali, di un blu stupendo con stami quasi neri. Si raccolgono le grandi foglie irsute dal sapore di cetriolo ed anche i boccioli ed i fiori.
Le foglie crude si consumano in insalata, oppure cotte in minestre o frittate, oppure come componenti per ripieni nei ravioli mescolati a ricotta, conditi con sugo rosso di porcini od ancora nelle creme d'erbe miste per condire risotti ai funghi. Le foglie centrifugate con crescione e tarassaco danno un succo depurativo eccellente per la carnagione. L'infuso è efficace per calmare la tosse nelle bronchiti, viste le proprietà emollienti dei fiori. Tutte le preparazioni devono essere filtrate per eliminare i peli.

lunedì 2 gennaio 2012

Linneo: il padre della nomenclatura binomiale ( 1735 ).

A quanti di voi sarà capitato di indicare il nome di una pianta o di un animale e di non essere capiti perché il vostro interlocutore indicava quello stesso organismo con un nome totalmente diverso? In Carnia capita che il nome cambi addirittura da un paese (campanile) a quello distante pochi chilometri. Fatene una prova!
Succede ora e succedeva ai tempi di Karl von Linné ( italianizzato in Carlo Linneo), che per primo provvide a porre rimedio a ciò, suggerendo di indicare ogni organismo con 2 nomi in latino ( lingua del sapere ai suoi tempi: l'inglese moderno), da cui nomenclatura binomiale: il primo indicante il genere di appartenenza, il secondo la specie. Riporto di seguito alcuni esempi:
Felis leo: genere felini, specie leone;
Macrolepiota procera: genere lepiota, specie procera;
Chelidonium majus L.: genere Chelidonium, specie majus.
La L. aggiunta dopo la denominazione indica la classificazione Linneana.
Negli esemplari che io riporterò a questa denominazione aggiungerò anche quella italiana e quella del mio paese natale: vi prego di aggiungere le vostre.