venerdì 30 marzo 2012

Tarassaco.

Taraxacum officinale, Leontodon Taraxacum L.
Dente di Leone, Soffione, Piscialetto, Cicoria selvaggia
Tale, Radic di pràt


Pianta perenne con radice fittonosa,lunga e carnosa.
Antesi da febbraio ad ottobre. Fiore apicale giallo, che poi si trasforma in un bianco globo di acheni (frutti), da cui il nome di soffione, per la disseminazione della pianta.
Le foglie sono disposte a rosetta basale, oblunghe ed ovate.
I fusti sono lunghi e vuoti e contengono un lattice bianco, che alle volte in bambini che lo avevano ingerito ha provocato intossicazione. Si trova in tutti i prati, incolti e non, fra le vigne, lungo i sentieri, dalla pianura alla montagna.
Si raccoglie la pianta intera, sia prima che dopo la fioritura.
La raccolta è semplice e può essere fatta indiscriminatamente senza compromettere la specie.
E' il simbolo delle piante selvatiche commestibili e sicuramente la più conosciuta e consumata.
Ha proprietà depurative, lassative e diuretiche, toniche, antiscorbuto.
Le foglie hanno un alto contenuto di vitamine A,B e C.
I fiori sono chiusi di notte, ma si aprono subito al sorgere del sole; le api bottinano il suo nettare; i  bambini si divertono a soffiare gli acheni, favorendo la disseminazione della pianta.
Le foglie ci forniscono un ottimo alimento.
In natura esistono diversi tipi di tarassaco, alte e nane,  foglie ovali, strette o flosce, frutti bianchi, rossi o grigi.
La pianta resta del tutto inconfondibile dalle altre.
Le foglie possono essere usate crude in insalata, da sole o con altre; cotte conservate in congelatore per altra stagione o mangiate condite con olio e aglio o stufate in padella.
I boccioli dei fiori non dischiusi ed i bottoni che portano i pappi possono essere conservati in salamoia o sott'aceto per usarli a mò di capperi.
La radice, lessata e condita con olio extra-vergine di oliva, è un piatto, se pur amarognolo, gradito e nutriente.

In cucina:

Fettine stuzzicanti al tarassaco: Su delle fettine di pane tostato disporre una rondella di uovo sodo, un'acciuga, vari boccioli di tarassaco sott'aceto, olio extra di oliva.

Riso al tarassaco: Lessare in acqua salata il tarassaco. Scolare, tritare e saltare in tegame con olio e aglio.
A parte tritare la cipolla, rosolandola col burro, aggiungere il riso ed il brodo. Una volto cotto mescolare al riso la verdura, quindi mantecare con ricotta affumicata grattuggiata.

Salsa di fiori di tarassaco: Tritare finemente i fiori di tarassaco ( conservati sott'aceto ), le olive e le acciughe. Aggiungere alla salsa di pomodoro, preparata a parte secondo le proprie abitudini.
Si serve su pasta bianca.

Boccioli di tarassaco sott'aceto: Bollire i boccioli per 5 min.in acqua acidulata con succo di limone, scolare  e lasciar asciugare. Versare in un recipiente ricoprendo con ottimo aceto. Aggiungere uno spicchio d'aglio, due foglie di alloro e semi di finocchio.

Bottoni di tarassaco sott'aceto: I bottoni si raccolgono dopo che la piantina ha sparso i suoi semi piumati. Rimane l'involucro carnoso che li portava innestati. Si sbollentano in acqua salata, insaporita con qualche foglia di menta. Si colano e si lasciano asciugare per varie ore. Si procede all'invaso assieme ad aceto in cui è stato bollito qualche spicchio d'aglio. Nel vaso si può aggiungere erba cipollina e qualche foglia di menta.

Radici di tarassaco al naturale: Far bollire le radici in acqua salata fino a renderle tenere; riporle in vaso di vetro ricoprendo di acqua salata e poco zucchero. Sterilizzare. Possono essere mangiate sole o con altri ortaggi.

Infuso: Mettere alcune foglie in acqua bollente per alcuni minuti; berne una tazzina a digiuno, ogni giorno, per 10-15 giorni, come cura disintossicante.

Miele di tarassaco: Raccogliere un Kg di fiori di tarassaco e metterli a bagno in un litro di acqua con un limone tagliato a fette. Far bollire per 5 min., spegnere. mescolare e lasciar riposare tutta la notte. Passare tutto al setaccio, spremendo il più possibile i fiori. Al liquido così ottenuto aggiungere un chilo di zucchero: cuocere senza coperchio fino a raggiungere la densità desiderata.
Ottimo su pane, col formaggio, nei dolci, sciolto nel latte.

Tarassaco con pancetta o lardo (frices): In una pentola rosolare la pancetta (lardo) tagliata a pezzettini con poco olio. Mettere il tarassaco, ben pulito e lavato, in una terrina. Quando la pancetta è rosolata, aggiungere un pò di aceto, quindi versare il tutto sopra le foglie aggiungendo del sale. Consumare caldo.

Zuppa di tarassaco e uova: Dopo aver ben pulito e lavato il tarassaco, lessarlo per mezz'ora in un litro e mezzo di acqua salata. Nel frattempo abbrustolire nel forno delle fette di pane. Trascorso il tempo previsto, rompere 1 uovo in ogni piatto, sbatterlo bene, appoggiarci sopra una fetta di pane abbrustolito, condire con 1 cucchiaio di olio e versare la minestra.

La radici seccate, tostate e macinate, un tempo venivano usate come succedaneo (sostitutivo) del caffè.

A breve qualche altro consiglio culinario.

Silene dioica.

Silene dioica
Gittaione rosso
Vorele di ieùr


Il nome silene deriva da Sileno, maestro di Bacco, gran bevitore dal ventre gonfio come il calice della pianta, che risulta perenne, alta fino a 80 cm., uniformemente pelosa.
La forma delle foglie, sessili (senza peduncolo) e pelose, ovali  ed allungate ( lanceolate ) è simile alle orecchie delle lepri, da cui il nome.
L'antesi (fioritura) avviene da aprile a novembre.
I fiori sono dioici, o maschili con stami, o femminili con pistilli, dotati di cinque petali di un color rosa intenso, i sepali uniti in un calice rigonfio, bruno, peloso e vischioso.
Cresce al limitare dei boschi, nei prati concimati; ama ambienti umidi e la troviamo da 400 a 2300 m. di quota.
Non ha uso terapeutico, ma solo culinario. Vengono utilizzate le foglie, cucinate allo stesso modo della vulgaris, con una resa migliore, date le maggiori dimensioni.
Un utilizzo particolare lo si ha nella preparazione di un ripieno per ravioli, assieme a ricotta affumicata.
Simile è la Silene Alba, dai fiori color bianco, con la quale è interfeconda, generando fiori rosa.

Silene vulgaris

Silene vulgaris o inflata
Sclopìt o sclopét, Pistum (Ragogna)
Silene


Erba perenne con fusto eretto o leggermente piegato verso il basso, ramificato, alto fino a 50-60 cm.
Foglie lanceolate od ovali, quasi prive di picciolo, verdi cinerine, opposte.
I fiori sono apicali, bianchi con calice molto largo.
Il frutto è una cassula ovoide.
Piantina molto frequente in prati grassi e pascoli di montagna ed anche incolti.
Fiorisce da aprile a tutta l'estate a quote crescenti col progredire della stagione.
Non trova uso terapeutico, ma diffuso uso edule. Si consumano le cimette fresche e le foglie dal tipico gusto di pisello fresco. La raccolta non rovina la piantina che rigermoglia con facilità ed in continuazione. L'importante è non estirpare: ricordandosi il luogo di raccolta si può avere quindi sempre a disposizione verdura fresca.
Il nome è onomatopeico, poichè il fiore emette un caratteristico schioppettio se viene schiacciato, ed è un classico divertimento per i bambini.
La piantina entra a far parte delle gustose minestre primaverili, vera leccornia anche per i palati più esigenti.
Può essere mangiata anche cruda, sola o in insalate miste, cotta nei risotti negli gnocchi, nei sughi, in torte e strudel salati. Le cimette sono il massimo bollite e condite con olio e limone.
La loro dolcezza si abbina egregiamente coi funghi primaverili, tipo prugnoli, coprini, finferli, tutto a crudo.
Cotte invece si abbinano coi marzuoli, spugnole e primi boleti estivi con l'aggiunta, a piacere, di formaggio di malga.
Consigli culinari:
Frite: cotta con altre erbe spontanee e condita con olio e limone.
Frittata di silene: Lessare le fogli e le cime e unirle con uovo sbattuto, quindi cuocere in olio bollente.
Risotto: Rosolare in padella della cipolla, finemente tritata, in olio di oliva extravergine; aggiungere la silene e soffriggere per una decina di minuti, facendo attenzione che non " attacchi". Unire il riso, facendo amalgamare il tutto con l'aggiunta, se necessario, di un pò di brodo.
A cottura ultimata, per chi lo desidera, aggiungere una noce di burro e del formaggio del tipo preferito.
Mantecare e dopo alcuni minuti servire.

Curiosità: I calabroni hanno imparato a forare la base del fiore per suggerne il nettare.

La foto è stata scattata oggi 30 marzo 2012 lungo la vecchia strada asfaltata che porta a Paularo.
Giove pluvio ancora dorme; speriamo si risvegli al più presto, poichè dal punto di vista micologico nulla si muove.